il mio piede sinistro

Un passo dietro l'altro. Facile a dirsi meno a farsi. Da quando ho assunto la postura eretta, evento accaduto con colpevole ritardo rispetto ai miei pari, non ne ho mai voluto sapere di far andare i passi in sequenza ordinata.
Più che camminare uno strascinarsi sconnesso.
Ammesso che la meta sia chiara (spesso non lo è), ogni gamba, ogni piede, rivendica il suo diritto a raggiungerla attraverso il percorso che più gli aggrada e che non corrisponde mai a una linea retta.
Forse è mancanza di fiducia interna, una sorta di governo Prodi dell'anatomia in cui ogni falcata è frutto di un compromesso, di una rivendicazione, di una pretesa di visibilità. E a pagarne lo scotto non c'è ahimè alcun professore bolognese.
A me però sta bene così. Un pò meno alle transitorie compagne che inevitabilmente hanno, condividendo un pezzo di strada, tentato di decrittare l'algoritmo che regola l'alternarsi dell'orma destra a quella sinistra. Speranzose, una volta di aver imparato a camminare come me, di sembrare più simili. Una coppia invece di due identità separate. Ma hanno fallito e rinunciato.
Se le mie gambe in quasi trenta anni non hanno raggiunto un accordo stabile non vedo come possano riuscire altri in una simile mediazione.
Il caos non si apprende nè lo si cambia.

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