Sapri 1943: eran 83. Erano giovani, eran vecchi, eran donne, eran bambini e sono morti



Sapri è un amena località solo in parte turistica. Pur essendo affacciata su di un bel golfo, la pesca occupa una porzione trascurabile della popolazione. Ha un porto perennemente in costruzione, ma di certo non è un attracco commerciale rilevante. Si estendono altipiani e pascoli alle sue spalle, ma non vive di agricoltura e pastorizia.
Sapri giace là con i suoi 7 mila abitanti che ogni giorno diventano qualcuno di meno.

Deve la relativa celebrità a una modesta poesia risorgimentale, che più di narrare romanza le sfortunate gesta di un patriota napoletano dagli occhi azzurri, Carlo Pisacane.
Sconfortato dall'immobilismo che caratterizzava il movimento per l'unità d'Italia in seguito alle sconfitte del '48, decise di intraprendere un'iniziativa solitaria, eroica e disperata. Confidando di scuotere le coscienze sopite, il nostro capitano coi capelli d'oro, si impadronì di un vaporetto che da Genova doveva andare a Tunisi e liberati trecento galeotti dal carcere di Ponza, fece rotta su Sapri, con l'intentò di scatenare un insurrezione anti borbonica nel Cilento.


Nonostante l'uguaglianza del numero, le gesta di Leonida e dei suoi ben più battaglieri uomini apparvero subito lontane, giacchè a decimare l'improvvisato esercitò provvide non la sconfinata armata di Serse ma neanche l'assai meno bellicosa macchina militare borbonica.
La disfatta avvenne per mano contadina, la cui furia fu scatenata dai saccheggi compiuti dai trecento per sfamarsi. Correva l'anno 1857, solo tre anni dopo un'impresa per molti versi simile avrebbe sortito ben altri risultati.


Una storia minore che solo la roboante propaganda postunitaria ingigantì consegnando a Sapri un ruolo nella Storia nazionale che non sembrava molto interessare i rari pescatori e più numerosi contadini, residenti nel golfo avaro di pesci quanto di frutti.

Non erano passati cento anni quando gli anglo americani preparavano uno sbarco assai più significativo di quello di Pisacane, l'operazione avalanche, che avrebbe catapultato a partire dal 9 settembre 170.000 uomini sulle spiagge intorno a Salerno. Con la speranza subito frustrata di risalire rapidamente lo stivale e annientare la resistenza tedesca. Era il 1943 e la seconda guerra mondiale vedeva l'Italia sconfitta, umiliata e invasa.

Ma a Sapri la storia non ama mostrare la faccia più nota. Non Garibaldi ma Pisacane, non avalanche ma 34 misconosciuti bombardamenti aerei che cancellarono il paese e lasciarono 83 morti sotto le macerie.

Il turista distratto passeggiando per il più bel lungomare della costa, o per la verdeggiante villa comunale, nota a stento l'aspetto moderno della città, la quasi totale assenza di edifici con più di 60 anni o del tipico dedalo di stradine e case di pietra che caratterizza i paesi limitrofi. In pochi si interrogano sulle ragioni di tale differenza urbanistica.

Sotto le bombe aeree ad andare persa oltre la città vecchia pare sia stata la memoria.
A Sapri fino a pochi anni fa non esisteva neanche un sasso a ricordare quelle infauste giornate. Ancora oggi la pagina internet del comune ci parla delle origini romane, delle incursioni saracene e ovviamente di Pisacane, ma non una parola sui bombardamenti.


Dove non arriva la storia ufficiale si ferma anche quella popolare fatta di passaparola e tradizione orale. I vecchi di Sapri non ne parlano mai, non rivangano il doloroso passato con i nipoti o con i compagni di biliardo al bar, dove le chiacchiere raramente si discostano dal qui e ora di un eterno presente destinato a replicarsi sempre uguale a se stesso, fra dignitosa povertà ed emigrazione.


Neanche la toponomastica giova al ricordo. A fianco alle immancabili piazza plebiscito, corso Garibaldi e perfino via Kennedy (non è dato sapere se dedicata a John piuttosto che Bob, oppure collettivo omaggio all'importante dinastia americana), non esiste un vicoletto intitolato alle vittime dei bombardamenti.

Perfino google si arrende di fronte al silenzio che ha inghiottito una pagina di storia che ci si aspetta sia centrale per Sapri e i sapresi.

Una rimozione collettiva difficile da spiegare, che rende impervio ricostruire quanto accadde. Nessuna pubblicazione sponsorizzata dal distratto comune, nessun sito internet dedicato da qualche associazione civica. La pubblicistica locale ama disquisire del brigantaggio post unitario, degli anarchici locali, della cucina cilentana e finanche dei movimenti per la costruzione dell'ospedale negli anni 70. Ma l'estate del 1943 rimane un tabù duro da scalfire.


Quale fu l'obiettivo militare dei comandi alleati? lo scalo ferroviario? il porto? eventuali opere di fortificazione presidiate dai tedeschi?
Chi sganciò le bombe? gli inglesi? gli americani? Furono presi provvedimenti per salvaguardare la cittadinanza e come furono gestite le operazione di salvataggio dei sicuramente numerosi sepolti vivi? La ricostruzione fu pianificata o improvvisata?
Domande a cui non è possibile dare una risposta e che non sembrano interessare più di tanto chi ha perso un nonno, uno zio, un parente sotto le macerie.





La chiesa di San Giovanni fu centrata da una bomba e crollò. Si salvò quasi miracolosamente il campanile adiacente, risalente al 600. Nel giugno del 2010 è stato abbattuto per fare posto alla nuova chiesa.














Commenti

riccardo ha detto…
www.sapri.org - "cenni storici" ed altro.

Bisognerebbe effettuare un'analisi approfondita su quanto l'elemento "stazione ferroviaria" ha inciso nel tessuto sociale saprese a partire dal 1900 circa. Nel dialetto, negli usi, nell'apertura mentale dei cittadini. Modifiche che di positivo hanno consentito l'annullamento quasi totale del campanilismo, con l'assenza di ogni forma di sospetto nei confronti dei forestieri. Per contro l'innesto copioso di gente proveniente da altre culture e realtà, ha fatalmente diluito quella che ancora oggi, forse a sproposito, viene definita "sapresità", con il risultato che potrebbe giustificarsi il filo conduttore del testo che ho il piacere di commentare.
Tutte le realtà di confine, Sapri è tra queste, seppur non possiedono un'anima propria, hanno il pregio di possedere mille anime che le rendono, questo sì, difficili da comprendere, ma che sono crogiolo di esperienze esaltanti e comunque mai scontate.
Un caro saluto.


Cordiali saluti.
Anonimo ha detto…
Se continueranno a togliere treni nella stazione di Sapri, rimarrà ben poco dei Sapresi.
domenico ha detto…
Molto bello e interessante leggere il tutto.
Complimenti!
Drammaticamente vere,alcune considerazioni, soprattutto sulla rimozione da parte dei sapresi di questa pagina di storia che andrebbe molto, ma molto approfondita,studiata e opportunamente tramandata.
Sempre che, la Storia, serva ad ammaestrare le future generazioni.
Tenne viva la memoria di questa immane tragedia vissuta da un popolo inerme, il professor Francesco Cesarino,finché fu in salute e in vita,facendo sparare un colpo di cannone a salve, alle ore 13.05 di ogni 15 agosto, tra l'indifferenza generale in ricordo dei tanti morti e,costruendo a sue spese, una chiesa alla Madonna detta della "Trovatella".
La statua della Vergine era stata trovata da un rigattiere tra le macerie di una casa bombardata non si sa dove e, fu venduta, al prof. Cesarino che provvide a restaurarla ed esporla al culto nel vico ove abitava.Vi appose una targa in marmo:"Trovatella ti accogliemmo fra noi,quando sarà,accoglici con te".
Affinché i sapresi passando, leggessero, ricordassero e pregassero.
In seguito provvide alla costruzione del tempio votivo.
Fu scelto per la chiesa, il sito del vecchio cimitero sovrastante Sapri, voto silente alla Madre di Dio,perché in futuro, dall'alto proteggesse e salvaguardasse la cittadina e i suoi abitanti da simili tragedie.
Ma, molti sapresi, all'udire quello sparo puntualmente ogni anno, ne erano a dir poco infastiditi nel giorno di ferragosto.Era un giorno di festa e certi ricordi, disturbavano alquanto.Tutti, con la maledetta voglia di dimenticare,come se la cosa non li riguardasse per nulla,come se non l'avessero vissuta sulla loro carne e sulla loro pelle.
Le bombe caddero un po dappertutto e niente affatto in modo mirato. Di case distrutte dalle bombe ne rammento parecchie. E molte bombe, caddero in spazi aperti e nei giardini del paese. Ricordo che, nei fossi che le bombe avevano avevano provocato con il loro scoppio, vi veniva in seguito sciolta e stivata la calce, utile per la ricostruzione negli anni successivi.
Tutto era rimosso già negli anni 50,e se proprio occorreva farvi riferimento e cenno, lo si faceva malvolentieri e in modo superficiale e distratto. Anche da parte dei preti e degli insegnanti cui,doverosamente, si chiedeva qualche testimonianza in merito.Eppure, gente con delle mutilazioni subite per cause belliche, ne circolava parecchia.
Tranne le famiglie che avevano pagato un prezzo altissimo di lacrime e di sangue,tutti volentieri e di buon grado, avevano rimosso.
Nonno Vincenzo Manfredi,trovò la morte presso la maledetta galleria,e rimase insepolto per alcuni giorni insieme agli altri cadaveri a imputridire al sole.Il continuo martellare dei bombardamenti, non dava modo alcuno di compiere neanche questo gesto di umana pietà.
Senza pietà alcuna,su una popolazione inerme e innocente né per i vivi né per i morti.
C'è ancora tanto da approfondire e documentare e far chiarezza,scevri da ideologia alcuna:lo si deve al sacrificio di tante vittime innocenti.
Altro che rimuovere: occorre RICORDARE!
Domenico Cosenza- domenicocosenza@alice.it
Anonimo ha detto…
Grazie per l'articolo sul bombardamento a Sapri del 1943. Ė un argomento caro all'associazione "15 Agosto '43" che non ha avuto mai alcune risposte dalle autoritá statali alle quali si è rivolta ripetutamente per conoscere i veri motivi della spietata strage di tante vittime inermi a Sapri.
A Sapri infatti non esisteva alcuna fortificazione militare e inspiegabilmente vi furono eretti ben 15 palloni frenati, durante quei giorni. Ciò fu un danno maggiore per la popolazione, perché soprattutto gli aerei americani (credo che fossero B24) lanciavano le bombe "a catena" e a casaccio da un'altezza superiore a quella dei palloni frenati. Suppongo che probabilmente Sapri fu immolata per distrarre gli Anglo-Americani della ritirata delle truppe Italo-Tedesche lungo le strade appenniniche dirette a Nord dopo la battaglia di Catania.
Chi vi scrive è un attento testimone oculare: nel 1943 avevo 14 anni.
Lorenzo Dorato ha detto…
Tristissima storia quella di Sapri, come del resto di tantissime città italiane devastate dalla furia dei bombardamenti durante quella sciaguratissima e maledetta guerra.
Incredibile come di alcuni bombardamenti che colpirono molti centri, non si coltivi neanche una benché minima memoria storica. Sono arrivato a questo blog nell'ambito di una mia ricerca ormai di lungo periodo sui bombardamenti delle città italiane durante la seconda guerra mondiale.
Incredibile che neanche sulla voce di Wikipedia di Sapri si accenni al terribile evento che colpì la cittadina (qualche cittadino locale dovrebbe intervenire per integrare la voce!)

Ho molto apprezzato, ad ogni modo, quest'articolo di recupero della memoria storica.


Lorenzo Dorato

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