io sto con Gheddafi

Che Gheddafi sia tecnicamente un dittatore non ci piove.
Come non ci piove sul fatto che la Libia sia l'unico paese africano a non conoscere la piaga della fame, a non avere un debito monstre con il fondo monetario internazionale e vantare invece i parametri che misurano il livello di benessere abbastanza decorosi.
In Libia le ingenti ricchezze provenienti dall'estrazione del petrolio e del gas non affluiscono sui conti delle multinazionali europee o americane ma rimangono, almeno in buona parte, a finanziare l'economia locale. E' anche vero che molti di questi introiti foraggiano la famiglia Gheddafi e lo strampalato tenore di vita dei rampolli del colonnello, ma al cospetto dei regnanti arabi il nostro pare un campione di frugalità.
Non esiste un solo libico che sia negli ultimi trenta anni emigrato per fame o abbia ingrassato gli sfruttatori del nuovo schiavismo. Nonostante per motivi geografici sia la base di partenza dei barconi di disperati verso le coste italiane non uno degli sfortunati passeggeri è di cittadinanza libica.
E' sicuramente il paese africano uscito meglio dalla decolonizzazione da ogni punto di vista. Non ha conosciuto l'orrore della guerra civile né l'integralismo. Qualsiasi paragone con gli stati limitrofi sarebbe per questi imbarazzante.
Eppure l'occupazione italiana fu assai sanguinosa mentre il regno fantoccio filo inglese di re Idris che seguì la nostra sconfitta nella seconda guerra mondiale fu caratterizato esclusivamente dalla corruzione illimitata. La Libia negli anni cinquanta era tra gli stati più poveri del mondo. una situazione in tutto e per tutto simile all'Algeria per capirsi.
Dopo il golpe del 69 ha sperimentato per decenni sulla propria pelle l'ostracismo dell'occidente e le sue città sono state duramente bombardate dall'aviazione americana nell'86 solo perché Reagan doveva mostrare a Gorbaciov di avere le palle.
Ora seppure lentamente e con mille timori sta aprendosi all'esterno. Il viaggio di Gheddafi a Roma ne è la prova maggiore.
Il colonnello non è un santo ed è come tutti gli uomini che dispongono di un potere enorme da decenni incline a farne cattivo uso. Ha avuto rapporti pericolosi con il terrorismo per tutti gli anni 80 ma è pur vero che i tentativi di rovesciarlo da parte principalmente degli USA in parte spiegano il suo comportamento.
Forse le azioni più deprecabili furono compiute verso la numerosa comunità italiana che viveva a Tripoli. Espulsa ed espropriata di tutti gli averi nel 1970, non ha mai avuto la possibilità neanche di tornare a mettere un fiore sulle tombe di quanti nei cimiteri italiani riposano da decenni.
Ma la dura contestazione che sta subendo in questi giorni a Roma è forse il segno più eloquente non delle sue violazioni dei diritti umani quanto del nostro incancellabile razzismo.
Quanti gridano vergogna cosa sanno realmente della società libica? è una domanda aperta, non retorica.
Io ne so poco, ma il sospetto che tanta indignazione sia frutto di una superficiale ignoranza invece lo so per certo.
Commenti
Perchè accuso di razzismo i contestatori di Gheddafi.
Io credo che se il nostro non esibisse in maniera tanto plateale il suo essere berbero, se non si spostasse in una tenda da circo, se non si conciasse come Micheal Jackson ed evitasse comportamenti obiettivamente folklorisitci, ma dal suo punto di vista importanti e legittimi, nessuno potrebbe farlo passare per un Bokassa o un Amin Dada.
Ci fermiamo all'aspetto esteriore, il dittatorello africano conciato come un buffone, e ne facciamo discendere una condanna sui generis. Gli attribuiamo un'etichetta la cui corrispondenza alla realtà non siamo in grado di assicurare.
Nessun commentatore nostrano utilizzerebbe gli sprezzanti aggettivi accostati a Gheddafi per descrivere Moubarak. Eppure fra i due le analogie sono assai numerosi. Ma l'egiziano resta il moderato presidente dell'egitto e l'altro clownesco il dittatore libico.
Per la cronaca Moubarak è presidente da trenta anni e le elezioni che lo consacrano ciclicamente hanno la caratteristica di vedere un solo candidato. Lui.
La mia tesi è che al di là delle considerazioni politiche, che rivestono ovviamente un importanza primaria, Moubarak, che veste italiano, parla inglese e nei cafonissimi centri turisitci del mar rosso ospita il peggio "dell'occidente", a prescindere dai suoi titoli di legittimità sia percepito come responsabile e affidabile, mentre un Gheddafi, intabarrato in improbabili palandrane, circondato da equivoche amazzoni e solito esprimersi in un poco usato dialetto berbero, venga automaticamente visto come un leader sanguinario.
a me sembra un buon esempio di razzismo, magari involontario. A te?
Il problema di Gheddafi non mi sembra sia il suo esaltare la provenienza berbera, ma gli altri fattori, tra il buffone, l'arrogante e il demagogico, che citi tu stesso. Gandhi andava in giro seminudo, ma non per questo era considerato uno straccione (eccetto che dagli inglesi, ovviamente!)
Poi non so, sai queste cose sono anche legate a sfumature, magari tu stando li' hai colto un razzismo che io da qui non colgo. Non mi stupirei...
Ah, va bè, allora è tutto a posto. Se non lo sai tu...
Che regime umano.