il sindaco di Montona

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In pochi sanno che l’ultimo campione del mondo italiano di formula 1 sia Mario Andretti.

Sebbene la sua vita sembrerebbe una base eccellente per un romanzo, e uno si immagina che sia ospite d’onore in ogni manifestazione motoristica in questo paese, in realtà il suo nome è ignoto ai più.
Anzi, solitamente quando si parla di formula uno, si cita come ultimo campione nazionale Alberto  Ascari, che trionfò nel 1953 l'ultima volta.
Una rimozione bizzarra che dura da decenni. Ancora oggi, nonostante sia di casa nel Circus non lo si sente mai intervistato da un’emittente italiana che sia una. Nelle trasmissioni motoristiche, dove ogni pilota con due gare con la rossa è ospite fisso, Andretti che guidò anche Alfa Romeo e Ferrari, non si è mai visto.

Io il suo nome la prima volta lo sentii nel '91. Non ero un grande appassionato di giochi di corse sulla mia venerata Amiga 500, ma ero un lettore incallito di the games machine, una rivista che chi ha la mia età non può che ricordare con nostalgia. 
Fra le varie recensioni dell'imperdibile mensile, faceva capolino il faccione da 50 enne in tuta da corsa di sto signore dai capelli brizzolati. 
Mario Andretti’s Racing Challenge. Credo di non averci mai giocato e probabilmente non fu un gioco indimenticabile, sicuramente non all'altezza dei vari super off-road, lotus espit turbo challenge, stunt car-racer o turbo out-run, che spopolavano quel periodo.

Però mi colpì molto quel nome dal suono palesemente italiano che doveva essere così popolare negli usa da dedicargli un video gioco.
In tempi in cui internet era roba da informatici visionari o da generali appassionati di war games, reperire informazioni dettagliate era decisamente difficile.
Solo anni dopo venni a sapere di più di quella storia stranissima e ignorata. La storia degli Andretich, famiglia istriana di Montona, che dopo la grande guerra divenne Andretti e che dopo la seconda guerra mondiale fuggì dalla ferocia titina per finire in un campo profughi a Lucca.
Solo una delle tante famiglie della diaspora giuliana. I figli della vergogna, che malvolentieri vennero accolti in Toscana, ma anche nei sobborghi di Roma e soprattutto in Sardegna dove una città di fondazione fascista non completata, a due passi da Alghero, Fertilia, venne trasformata in un’improbabile enclave istriana.

Delle vicende lucchesi degli Andretti sappiamo poco, se non che attesero anni il visto per emigrare. Anni dove Mario appena tredicenne, mentendo sulla sua effettiva età, cominciò a partecipare a piccole competizioni motoristiche fra Toscana, Marche e Emilia-Romagna.

L’anno buono fu il 1955 e la destinazione portava il biblico nome di Nazareth in Pennsylvania, dove tuttora vive e dove vive la sua numerosissima famiglia. Uno dei nipoti risulta chiamarsi Lucca, chissà se in ricordo della città che accolse il nonno profugo, o come spesso accade, per un errore dell’anagrafe americana, che con i nomi italiani spesso non ci prende. 

Non credo che ciò interessi più di tanto al patriarca Mario, vincitore di any kind of race, da Indianapolis a le Mans, ispiratore e buon amico di Paul Newman e sindaco del libero comune in esilio di Montona.


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